Vita Nuova. New challenges for art in Italy. 1960-1975. A cura di Valerie Da Costa. Ville de Nice – Musée d’Art Moderne et d’Art Contemporain (MAMAC), Nizza. 14.05.2022 – 02.10.2022
La mostra Vita Nuova. New challenges for art in Italy 1960-1975, a cura di Valérie Da Costa, ha ripercorso alcuni passaggi fondamentali della scena artistica italiana tra il 1960 e il 1975.
Il titolo Vita Nuova rievoca la ricchezza e la vitalità di quei quindici anni di creazione, che corrispondono alle prime esposizioni di una nuova generazione di artisti nati tra il 1920 e il 1940, attivi a Genova, Firenze, Milano, Roma e Torino dal 1960 al 1975, l’anno segnato dalla tragica morte dello scrittore, poeta e regista Pier Paolo Pasolini (1922-1975). La mostra celebra il centenario della sua nascita, che ricorre nel 2022.
Sullo sfondo di un’Italia trasformata da industrializzazione, boom economico, società dei consumi, mass media, questa generazione di artisti propone nuovi modi di intendere e fare arte che illustrano una forma di “Vita Nova”, titolo preso in prestito dall’omonimo libro di Dante, che oltre a essere un’ode all’amore, afferma un nuovo modo di scrivere.
La mostra si sviluppa per temi ed è organizzata attorno a tre idee principali: una società dell’immagine, ricostruzione della natura, memoria del corpo.
Con Nello spazio della violenza Baruchello apre la sezione ‘Una Italie Politique’. Nello spazio della violenza è un’opera politica. L’antifascismo, che per Baruchello è stato una componente fondamentale del suo approccio all’arte e alla scrittura negli anni del Secondo dopoguerra, si esplicita nell’immagine, tra moltissimi altre, di un Mussolini “appeso”, ridotto alla figura irriconoscibile di un corpo sagoma, svuotato e deformato. Nell’opera parole, citazioni e figure minute che raccontano la storia di quegli anni, costruiscono lo spazio peculiare di Baruchello, frammentato e molteplice.
Baruchello è presente in mostra anche con il film Verifica incerta (Disperse Exclamatory Phase), realizzato in collaborazione con Alberto Grifi, primo esperimento italiano di found footage, essendo derivato da pellicole cinematografiche commerciali per lo più americane degli anni ’50 e ’60, acquistate dall’artista per poche migliaia di lire poiché destinate al macero. Il film giustappone gli spezzoni delle pellicole, incollati attraverso un montaggio che riunisce situazioni simili o che si rimandano, tratte dai diversi film.
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