A Season in Slemani. A cura di Carlo Gabriele Tribbioli. Con Manuel Scano Larrazábal, Gabriele Silli, Giacomo Sponzilli, Giulio Squillacciotti e con un progetto di Gianfranco Baruchello. 22.09 – 29.10.2021
Il giorno 21 settembre presso la Fondazione Baruchello, inaugura la mostra A Season in Slemani, a cura di Carlo Gabriele Tribbioli. La mostra costituisce la seconda parte del progetto Summer Show (quinta edizione), ideato dalla Fondazione Baruchello, e vincitore dell’Estate Romana 2021, che ha visto il coinvolgimento di Giulio Squillacciotti e Carlo Gabriele Tribbioli, artisti romani che nel corso degli ultimi anni hanno condotto progetti in territori stranieri, lontani sia culturalmente che geograficamente dall’Italia.
Entrambi sono stati invitati a ideare e curare ognuno un’esposizione intorno al tema del viaggio (urbano, interiore, individuale, collettivo) per dislocare “Roma” altrove, in situazioni geopolitiche di estremo interesse nel panorama attuale della cultura contemporanea. Il tema ha portato gli artisti a indagare geografie, politiche culturali e culture, relazioni transnazionali e dislocamenti sia reali che mentali all’interno di un’ampia ricognizione di possibilità per pensare e interagire con l’altro culturale.
A Season in Slemani presenta i risultati di un programma di residenze d’artista concepito e organizzato da Carlo Gabriele Tribbioli in occasione della sua permanenza in Iraq, nella primavera del 2019.
L’artista ha così definito il progetto: “Fra marzo e giugno del 2019 ho invitato alcuni artisti a raggiungermi e lavorare, separatamente e per un breve periodo, nella città di Sulaymaniyah (in lingua curda Slemani), nella regione del Kurdistan in Iraq, dove mi ero trasferito dall’aprile 2018. Il risultato di questi inviti ha dato luogo ad un programma, privato, di residenze d’artista e collaborazioni a distanza, portando le pratiche di ognuno dei partecipanti a un necessario confronto con il territorio.”
La mostra raccoglie una serie dei materiali prodotti dagli artisti Manuel Scano Larrazábal, Gabriele Silli, Giacomo Sponzilli, Giulio Squillacciotti durante le loro permanenze e un progetto di Gianfranco Baruchello che dall’Italia ha partecipato al progetto.
Cinque tavoli espositivi, uno per autore, appositamente progettati da Giacomo Sponzilli, presentano in maniera trasversale gli oggetti, e i materiali fotografici e documentari (documenti, appunti, mappe) realizzati dai partecipanti alle residenze e raccolti da Tribbioli durante il corso dell’intero programma per raccontare e contestualizzare le esperienze di ognuno sul campo.
La mostra è allestita come se fosse un percorso all’interno di uno studio d’artista e conserva l’atmosfera del lavoro e del progetto nella fase del suo costruirsi: una unica installazione, per restituire la dimensione di ricerca in progress e l’ambiente in cui gli artisti hanno lavorato e dato forma alle loro opere durante il periodo di residenza.
Gabriele Silli presenta una scultura realizzata con dei materiali organici di scarto, come le pelli, recuperati nel tradizionale mattatoio a cielo aperto di Mayani Haywanaka ai margini della città di Slemani. Le pelli sono state manipolate e trattate, essiccate e messe in tensione su supporti di legno, risultando in una serie di sei studi scultorei. Di questi un unico elemento è sopravvissuto al deperimento e alla putrefazione, riuscendo successivamente a rientrare in Italia.
Giacomo Sponzilli ha immaginato un intervento di scala paesaggistica ispirato dai profili rocciosi delle montagne che circondano la città di Slemani, e sono l’elemento dominante del paesaggio. Il risultato della sua indagine è una scultura in pietra che ridisegna una delle vette del monte Baranan, cinquanta chilometri a sud di Slemani. Una volta completato il profilo di rocce, all’interno delle rocce stesse è stata realizzata una fusione in piombo, alluminio e rame, dal peso di centocinquanta chili. Giulio Squillacciotti presenta una installazione video a due canali con una selezione delle riprese realizzate per il film The face that I loved, let me down (in fase di postproduzione). L’installazione presenta l’esplorazione di un territorio urbano, sospeso fra realtà e finzione, in cui personaggi incontrati o cercati vengono seguiti e filmati senza mai uscire dalla immediatezza della loro quotidianità.
Manuel Scano Larrazábal, ha agito su due livelli; in primis ha realizzato un corpus di studi su carta e tela a partire dall’idea di usare uno schiacciasassi per preparare i supporti schiacciando penne, pennarelli e bombolette spray allestite sugli stessi. Le superfici così preparate sono state quindi oggetto di aspersioni di diluente e pigmento puro. Le stratificazioni e saturazioni di macchie e segni, aggiunti costantemente nel corso della residenza, caratterizzano i risultati di questi studi. L’artista ha inoltre percorso le strade della città, alla ricerca dei molti, bizzarri assemblaggi spontanei che popolano le sue vie. Questa ricerca ha portato alla produzione di un catalogo fotografico di ‘dettagli di arredo urbano’, ritratti come personaggi di una minore e nascosta popolazione della città di Slemani.
Come ultimo atto il programma ha ospitato il capitolo Curdo-Iracheno dell’Earth Exchange Project di Gianfranco Baruchello, realizzato in collaborazione con la Fondazione Baruchello. Un progetto a lungo termine iniziato nel 2014 e tutt’ora incorso che prevede lo scambio e la collezione di campioni di terra da tutto il mondo. Un campione di cinque chili di terra proveniente dalla Fondazione Baruchello, ex Agricola Cornelia, è stato spedito a Slemani mentre un campione gemello ha compiuto il percorso inverso. A destinazione i due campioni sono stati mescolati alle terre delle relative destinazioni. Questa operazione artistica è concepita come una riflessione sull’ambiente, muovendo dall’elemento della “Terra” considerato nella sua essenza tanto materiale quanto nella sua essenza politica, colta nelle sue relazioni con l’odierno concetto di confine del mondo globale e interculturale.
Il progetto è realizzato con il supporto di Pietro Arco Franchetti.
La mostra è accompagnata da un testo di Ilaria Gianni.
Il programma di residenze è stato realizzato in collaborazione KargeKultur, Slemani.
Al progetto di mostra è correlato un Public Program, un calendario di incontri, conversazioni, tavole rotonde, visite guidate, per approfondire le tematiche in mostra.
In occasione della mostra verrà presentato il volume “A Season in Slemani”, pubblicato dalla casa editrice Humboldt Books.
Il progetto, promosso da Roma Culture, è vincitore dell’Avviso pubblico Estate Romana 2020-2021-2022 curato dal Dipartimento Attività Culturali ed è realizzato in collaborazione con SIAE.
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